Luca 12,35-38 .
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».

Siate pronti! Che in altre parole significa: non abituatevi alle cose, non date tutto per scontato.
Certo, non è facile, bisogna rinnovarsi ogni giorno. E il sonno è il vero pericolo quotidiano. Non il sonno che si prova dopo una dura giornata di lavoro. Il pericolo è il sonno della coscienza, quel sonno che ci fa credere che, in fondo, è tutto a posto, e che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Il sonno che ci abitua e ci fa pensare che le guerre ci saranno sempre, le carogne tra i colleghi di lavoro anche; che il sistema è inarrestabile, che occorre arrendersi all’evidenza… E tutti i sogni che avevamo nella testa di adolescenti arrabbiati, o quando facevamo servizio all’oratorio, o quelli che avevamo quando ci siamo sposati o consacrati, li guardiamo ora con un sorriso di compatimento.
Il sonno ci uccide. Quel sonno che ci fa abituare alla fede, convinti che ormai il Signore è terribilmente in ritardo e che – se tornerà – non sarà certo nei prossimi decenni.
Guai alla vita assonnata, che si ripete, che ci spegne lentamente nella banalità e nella tristezza.
Ecco perché leggiamo a lungo la Parola: per tenerci svegli dentro. Affinché Dio ci sia sempre pungolo e desiderio, finché non verrà, forse nel cuore della notte, e ceneremo con lui.
Attendiamo il nostro Maestro e Signore o ci siamo appisolati, sazi delle nostre cose e dei nostri beni?
Buona giornata!
le sorelle clarisse