Marco 3,13-19 .
In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli – , perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

Essere chiamati da Gesù: cosa c’è di più bello! Nella lingua italiana il verbo chiamare racchiude in sé quello di amare: Dio chi-ama.
Sentite come parla della vocazione don Tonino Bello.
“Vocazione. È la parola che dovresti amare di più. Perché è il segno di quanto sei importante agli occhi di Dio. È l’indice di gradimento, presso di Lui, della tua fragile vita. Sì, perché, se ti chiama, vuol dire che ti ama. Gli stai a cuore, non c’è dubbio. In una turba sterminata di gente risuona un nome: il tuo. Stupore generale. A te non aveva pensato nessuno. Lui sì! Più che “vocazione”, sembra una “evocazione”. Evocazione dal nulla. Puoi dire a tutti: si è ricordato di me. E davanti ai microfoni della storia ti affida un compito che solo tu puoi svolgere. Tu e non altri. Un compito su misura… per Lui. Sì, per Lui, non per te. Più che una missione, sembra una scommessa. Una scommessa sulla tua povertà. Ha scritto “T’amo” sulla roccia… Sulla roccia, non sulla sabbia come in una vecchia canzone. E accanto ci ha messo il tuo nome. Forse l’ha sognato di notte. Nella tua notte. Alleluia. Puoi dire a tutti: non si è vergognato di me”.
Signore Gesù, donami il gusto del dimorare alla tua presenza e il coraggio di annunciare il nostro incontro.
Buona giornata!